Da 28 anni lavoriamo 
per difendere 
i vostri diritti 
Chiama ora

Studio legale per consulenza online, 
assistenza e controversie legali 
a Siderno

L’avvocato Giuseppe Oppedisano opera in vari ambiti del diritto, da quello civile ed amministrativo a quello penale. 

Nel suo studio legale, sito  a Siderno (RC) via Torrente Arena 36 H,  vi aspetta per una prima consulenza, preventivo gratuito e senza impegno.

L'attività di consulenza è prestata anche in via telematica o telefonica. 
Per ogni caso sarà illustrata la normativa ed il percorso più adatto per giungere ad una serena soluzione della questione giuridica.
Eroga i propri servizi di consulenza anche a distanza, tramite un sistema di modulistica online o in videochiamata. 

Lo studio legale svolge prevalentemente l'attività nell'ambito del Distretto della Corte di Appello di Reggio Calabria, che comprende i circondari dei Tribunali di Locri, Palmi, Reggio Calabria, e presso i Distretti della Corte di Appello di Catanzaro e la Suprema Corte di Cassazione.
Per un appuntamento
Icona Consulenze precise e puntuali
Consulenze precise e puntuali
Staff preparato e multidisciplinare
Icona Preventivi gratuiti
Preventivi gratuiti
Preventivi dettagliati e senza impegno
Icona Consulenze a distanza
Consulenze a distanza
Consulenze legali tramite mail o tramite telefono

Aree legali di competenza 

Lo studio legale tratta cause civili,  penali, amministrative e tributarie, in particolare le seguenti materie:
  • Diritto civile;
  • Diritto del lavoro;
  • Diritto amministrativo;
  • Diritto delle assicurazioni;
  • Diritto immobiliare;
  • Diritto societario;
  • Diritto commerciale;
  • Diritto delle locazioni;
  • Diritto sanitario;
  • Diritto urbanistico;
  • Diritto di famiglia (separazione, divorzio, affidamento della prole);
  • in materia di eredità;
  • infortunistica e risarcimento danni;
  • Contenzioso tributario. 
Inoltre è iscritto all'Unione Camere Penali Italiane e tratta vertenze in materia di diritto penale e penale tributario. 

Preventivi gratuiti e senza impegno

Lo Studio Legale Oppedisano, prima di erogare i propri servizi, fornisce al cliente un preventivo gratuito, trasparente e dettagliato, senza impegno. 

Dopo un colloquio conoscitivo, in cui esporrete il quesito per il quale richiedete assistenza legale, l’avvocato valuterà le strade da intraprendere e insieme deciderete come agire per ottenere giustizia. 

Non è necessario muoversi da casa. Infatti lo staff, grazie alla sua preparazione multidisciplinare, eroga servizi anche a distanza, tramite mail e telefono. 

Vi basterà richiedere il modulo, sempre tramite mail o tramite il form alla pagina contatti, compilarlo, allegare eventuali documenti e, appena avrete accettato il preventivo, avrete la risposta al vostro quesito legale entro 36 ore lavorative.

Il nostro Blog

Autore: Webmaster Italiaonline 20 agosto 2024
« Nulla è più dolce dell’amore, ogni altra felicità gli è seconda; dalla bocca sputo anche il miele. Così dice Nosside; solo chi non è amato da Cipride ignora quali rose siano i suoi fiori. » Frammenti di Nosside in Antologia Palatina, libro V, 170 Meleagro di Gadara.  L’Enciclopedia Italiana ha selezionato il termine “femminicidio ” quale parola dell’anno 2023, nell’ambito della campagna di comunicazione #leparolevalgono. “ Come Osservatorio della lingua italiana – spiega infatti Va l e r i a D e l l a Va l l e , c o d i r e t t r i c e scientifica del “Vocabolario Treccani” – non ci occupiamo della ricorrenza e della frequenza d’uso della parola “femminicidio” in termini quantitativi, ma della sua rilevanza dal punto di vista socioculturale: quanto è presente nell’uso comune, in che misura ricorre nella stampa e nella saggistica? Purtroppo, nel 2023 la sua presenza si è fatta più rilevante, fino a configurarsi come una sorta di campanello d’allarme che segnala, sul piano linguistico, l’intensità della discriminazione di genere ”. Ebbene, a febbraio 2024, il Parlamento Europeo e gli Stati dell’Unione hanno raggiunto l’accordo sulla Direttiva Europea sulla violenza di genere, la prima legge europea che si occupa della materia. L'obiettivo è di rendere omogenea la lotta alla violenza sessista nell'Unione Europea, eliminando e superando normative distanti e disparate fra di loro, vigenti fra i vari Stati. Rappresenta una pietra miliare, perché è il primo strumento giuridico, completo a livello UE, destinato a contrastare la violenza contro le donne. La futura Direttiva si occuperà di cyberbullismo, incitamento all'odio online e violenza, matrimonio forzato, mutilazione genitale, violenza informatica, molestie sessuali attraverso mezzi digitali. Comprenderà un elenco di circostanze aggravanti; l'intento è di punire le violenze effettuate per motivi di orientamento sessuale, genere, colore della pelle, religione, origine sociale, convinzioni politiche, oppure per preservare o ripristinare " onore" ; sono miglioratele procedure per la sicurezza e la salute delle vittime, una migliore attività di segnalazione, prevenzione e raccolta di prove da parte delle autorità. Rappresenta tuttavia una grave lacuna della Direttiva l’esclusione della sua applicazione alle donne migranti. Ulteriore perplessità è costituita dal fatto che non includerà uno dei reati più gravi, ossia lo stupro, il fatto più violento alla persona e alla libertà delle donne. Il mancato inserimento dipende da una serie di fattori che la Commissione Europea ha tentato di dirimere. Infatti, a marzo 2022, la Commissione europea aveva formulato la proposta di definire la violenza sessuale, identificandola quale rapporto in assenza del consenso. Quindi qualsiasi rapporto sessuale non concordato sarebbe stato tipizzato come stupro; le vittime sarebbero state agevolate dal punto di vista processuale, in quanto non avrebbero dovuto fornire la prova che fosse stata utilizzata la forza, la minaccia o la coercizione. Alcuni paesi già hanno adottato, in ambito nazionale, la definizione del reato quale rapporto basato sulla mancanza di consenso. Diversi paesi, anzi ben 14, si sono opposti ad una simile definizione. La Germania e la Francia sostengono che la materia specifica appartiene alla potestà legislativa penale nazionale e non è fra quelle delegate all'Unione. La Polonia e l'Ungheria sono ideologicamente contrari al fatto che il consenso possa costituire la base per la distinzione o meno del rapporto lecito dall'illecito. La domanda chiave è su “ cosa o come” intendere il rapporto consensuale. Secondo alcune correnti del femminismo, “ il consenso è impossibile ”. La disuguaglianza di potere tra uomini e donne è così grande che, di fatto, ogni accordo è viziato a livello del sistema sociale. Finché ci sarà disuguaglianza di potere ci sarà violenza. La libertà di una delle parti, quella delle donne, è un’apparenza. Il rapporto diventa un obbligo, in quanto in una società patriarcale si vive male e con alibi. Si tratta di una visione autoritaria, manichea, e come tale è inaccettabile. Secondo altre teorie il consenso è possibile e, per di più, dovrebbe essere obbligatorio, affermativo, esplicito. Da un lato propone che “ il consenso non è impossibile, ma è difficile ”, per cui bisognerebbe “assicurarsi” che la donna esprima un chiaro “ sì ” oppure un “ No ” è no” , ma ciò non appare accettabile in quanto immergerebbe il rapporto in una visione di tipo contrattualistico, lontana dalla realtà effettuale. Secondo altri il “ consenso è molto facile .” Basta sapere cosa vogliamo e verbalizzarlo. Quanto più inequivocabile è questa espressione positiva della volontà di fare sesso, tanto meglio è. Non dobbiamo prestare attenzione solo alla volontà, ma anche al desiderio. Anche questa teoria appare non recepibile, in quanto collega la volontà al desiderio, come se il desiderio fosse sempre trasparente e intelligibile e, invece, non abbia momenti di ambiguità, per cui un “no”, molte volte è un ”sì”. Il consenso può essere non necessariamente entusiastico e anche non esplicito, ma certamente è delimitato dall’area legale e penale, per cui se non c'è volontà e non c’è consenso, allora si tratta di violenza; altro limite è rappresentato dall’etica, per cui se manca la volontà perché c’è stata un’incomprensione, un errore, manca il sentimento fra amanti, ma non c’è aggressione, intimidazione, allora non è un crimine. La direttiva costituisce un traguardo nella lotta alla violenza di genere, ma dimostra la persistenza di una mentalità passata e contraddittoria, in quanto la stessa Convenzione di Istanbul , adottata da quasi tutti gli Stati Europei, all'art. 36, comma 1 lett. a, obbliga gli Stati firmatari ad adottare misure legislative per perseguire penalmente i responsabili dei comportamenti intenzionali, fra cui lo stupro, definito come "atto sessuale non consensuale". Ebbene, dopo la ratifica del 2013, l’articolo 609-bis c.p. non ha subito modifiche per allinearlo alla Convenzione di Istanbul. In particolare, la sua formulazione non menziona il consenso, rappresentando una vera e propria lacuna giuridica. Sul punto soccorre la giurisprudenza e la dottrina che invece lo considerano come elemento essenziale del reato. La recente sentenza della Corte di Cassazione conferma il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui il consenso debba essere presente al momento dell'atto e, malgrado il comportamento provocatorio, anche durante tutto l'atto sessuale. In precedenza aveva affermato che «l’esimente putativa del consenso dell’avente diritto non è configurabile nel delitto di violenza sessuale, in quanto la mancanza del consenso costituisce requisito esplicito della fattispecie e l’errore sul dissenso si sostanzia, pertanto, in un errore inescusabile sulla legge penale»; ne deriva che «ai fini della consumazione del reato di violenza sessuale, è richiesta la mera mancanza del consenso, non la manifestazione del dissenso, ben potendo il reato essere consumato ai danni di persona dormiente ». Alcune pronunce hanno riconosciuto la configurabilità, in astratto, dell'esimente putativa del consenso nei reati sessuali, come errore fondato sul contenuto espressivo , in ipotesi equivoco, di precise e positive manifestazioni di volontà promananti dalla persona offesa. Il consenso della vittima non vale se erroneamente ipotizzato dall’autore; l’assenza di consenso non vale come sì; il consenso dovrebbe essere esplicito ed inequivocabile. Il richiamo è, quindi, ai valori della nostra Carta Costituzionale, alla parità di genere, all’educazione e al rispetto reciproco della dignità umana, quale base per le relazioni umane. BIBLIOGRAFIA Il termine " femminicidio " deriva dall’unione del sostantivo femminile “femmina” a cui è aggiunto il suffisso “cidio”, similmente a omicidio, deicidio, regicidio, ecc. Secondo l’Accademia della Crusca, il femminicidio consiste nel “provocare la morte di una donna, bambina o adulta, da parte del proprio compagno, marito, padre o di un uomo qualsiasi, in conseguenza del mancato assoggettamento fisico o psicologico della vittima”. https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/femminicidio-i-perche-di-una-parola/803. https://www.treccani.it/magazine/atlante/societa/femminicidio-e-la-parola-dell-anno-2023.html . Secondo la Platform for undocumented migrants (Picum), una ong con base in Belgio che promuove il rispetto dei diritti umani dei migranti senza documenti in Europa, ha denunciato la cancellazione delle norme che avrebbero protetto le donne migranti, in particolare coloro senza documenti o con un permesso di soggiorno temporaneo. Clara Serra, “Il senso del consenso”, Nuevos cuadernos Anagrama, 2024; intervista su https://youtu.be/AuCIVgPY1 La Convenzione è stata ratificata in Italia con la legge del 27/6/2013 n.77. Invece il decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito in legge 15 ottobre 2013, n. 119, è la prima "legge contro il femminicidio", così nel suo preambolo: "il susseguirsi di eventi di gravissima efferatezza in danno di donne e il conseguente allarme sociale che ne è derivato rendono necessari interventi urgenti volti a inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di tali fatti, introducendo, in determinati casi, misure di prevenzione finalizzate alla anticipata tutela delle donne e di ogni vittima di violenza domestica". Corte di Cassazione, Sezione Penale n. 32447 del 26 luglio 2023: «integra l’elemento oggettivo del reato di violenza sessuale non soltanto la condotta invasiva della sfera della libertà ed integrità sessuale altrui realizzata in presenza di una manifestazione di dissenso della vittima, ma anche quella posta in essere in assenza del consenso, non espresso neppure in forma tacita, della persona offesa, come nel caso in cui la stessa non abbia consapevolezza della materialità degli atti compiuti sulla sua persona». Cassazione Penale, Sez. III, 10 maggio 2023 (ud. 19 aprile 2023), n. 19599 “In tema di violenza sessuale, il dissenso della vittima costituisce un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice e, 8 pertanto, il dubbio o l'erroneo convincimento della sua sussistenza investe la configurabilità del fatto - reato e non la verifica della presenza di una causa di giustificazione (Sez. 3, n. 52835 del 19/06/2018, Rv. 274417). Il dissenso, quale elemento oggettivo della fattispecie, deve vertere sugli atti sessuali e consiste in un fenomeno di natura psichica che concerne lo stato soggettivo del soggetto passivo, non quello del soggetto attivo del reato. Da ciò deriva che il dissenso è fuori dalla valutazione degli elementi soggettivi del reato e quindi del dolo. Diversa invece è la valutazione in ordine alla coscienza e alla volontà della condotta da parte del soggetto autore del delitto. Nel reato di violenza sessuale, la coscienza di costringere la persona offesa a compiere o a subire un atto sessuale si manifesta innanzitutto nella consapevolezza del dissenso di questa. Pertanto, l'errore sul dissenso, che esclude il dolo ai sensi dell'art. 47 cod. pen., consiste nell'errore sul valore sintomatico delle manifestazioni esterne di resistenza all'atto sessuale poste in essere dalla persona offesa. Trattandosi di un errore sul fatto, è necessario che il soggetto, che ha agito presupponendo una realtà diversa da quella effettiva, debba dare pienamente conto degli elementi fattuali che hanno determinato in lui, nonostante l'uso della normale diligenza, l'erroneo convincimento dell'esistenza del consenso”. Cass. pen., Sez. III, Sent., (data ud. 06/12/2023) 05/03/2024, n. 9316. Articolo estratto da “L’Eco Giuridico" n. 4 de1 8/04/2024- Centro Studi Zaleuco Locri
Autore: OPPEDISANO GIUSEPPE 3 dicembre 2023
Dalle visure catastali spesso è visibile l'esistenza di un livello, ossia la concessione in godimento di un terreno a fronte del pagamento di un corrispettivo annuo. Si tratta di un istituto risalente al diritti romano e che ha avuto grande applicazione in periodo medievale. In particolare i grandi proprietari terrieri (Comune, Chiesa, Nobiltà) costituivano sui loro terreni degli oneri a favore degli affittuari. Oggi sebbene in molti atti sia constatabile, i rispettivi titolari da tempo non lo esercitano, e non ritengono di essere vincolati. Ebbene, in un'ipotesi di contestazione sulla validità dell'iscrizione, è intervenuta la Cassazione, che ha così statuito: " il regime giuridico del livello va assimilato a quello dell'enfiteusi, in quanto i due istituti, pur se originariamente distinti, finirono in prosieguo per confondersi ed unificarsi, dovendosi, pertanto, ricomprendere anche il primo, al pari della seconda, tra i diritti reali di godimento. L'esistenza del livello deve essere accertata mediante il titolo costitutivo del diritto o l'atto di ricognizione, mentre deve escludersi rilievo ai dati catastali " .
Autore: OPPEDISANO GIUSEPPE 3 dicembre 2023
Te, dei miti pensieri, La blandizie non tocca; altri cerchi le care Dolcezze onde si rallegra di bimbi il focolare, Da Tali gioe rifugge il focolare. Tu sei forte e selvaggia, come il vento che rugge Nella tua valle. Tutto hai quanto brami. Giacosa , “Il trionfo d'amore”, atto 2 scena 11, Treves 1934
Autore: OPPEDISANO GIUSEPPE 23 novembre 2023
In ipotesi di opposizione promossa nell'esecuzione forzata che sia stata intrapresa sulla base di decreto ingiuntivo, è necessario verificare che il giudice del monitorio abbia svolto , d'ufficio, il controllo sull'eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore in relazione all'oggetto della controversia. Detto giudice, a tal fine procede in base agli elementi di fatto e di diritto in suo possesso, integrabili, ai sensi dell'art. 640 c.p.c., con il potere istruttorio d'ufficio, da esercitarsi in armonia con la struttura e funzione del procedimento d'ingiunzione e potrà, quindi, chiedere al ricorrente di produrre il contratto e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari anche in ordine alla qualifica di consumatore del debitore. Ove l'accertamento si presenti complesso, non potendo egli far ricorso ad un'istruttoria eccedente la funzione e la finalità del procedimento (ad es. disporre c.t.u.), dovrà rigettare l'istanza d'ingiunzione. All'esito del controllo, quindi, se rileva l'abusività della clausola, ne trarrà le conseguenze in ordine al rigetto o all'accoglimento parziale del ricorso, mentre se il controllo sull'abusività delle clausole incidenti sul credito azionato in via monitoria desse esito negativo, pronuncerà decreto motivato, ai sensi dell'art. 641 cpc c.p.c., anche in relazione alla anzidetta effettuata delibazione. Il decreto ingiuntivo conterrà l'avvertimento indicato dall'art. 641 c.p.c., nonché l'espresso avvertimento che in mancanza di opposizione il debitore-consumatore non potrà più far valere l'eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto e il decreto non opposto diventerà irrevocabile. Nella fase esecutiva il giudice dell'esecuzione, in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell'abusività delle clausole, ha il dovere – da esercitarsi sino al momento della vendita o dell'assegnazione del bene o del credito - di controllare la presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull'esistenza e/o sull'entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo. Ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di diritto e fatto già in atti, dovrà provvedere, nelle forme proprie del processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria funzionale a tal fine. Dell'esito di tale controllo sull'eventuale carattere abusivo delle clausole – sia positivo, che negativo - informerà le parti e avviserà il debitore esecutato che entro 40 giorni può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell'art. 650 c.p.c. per fare accertare (solo ed esclusivamente) l'eventuale abusività delle clausole, con effetti sull'emesso decreto ingiuntivo. Fino alle determinazioni del giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell'art. 649 c.p.c., non procederà alla vendita o all'assegnazione del bene o del credito. Laddove il debitore abbia proposto opposizione all'esecuzione ex art. 615, primo comma, c.p.c., al fine di far valere l'abusività delle clausole del contratto fonte del credito ingiunto, il giudice adito la riqualificherà in termini di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e rimetterà la decisione al giudice di questa (translatio iudicii), mentre se il debitore ha proposto un'opposizione esecutiva per far valere l'abusività di una clausola, il giudice darà termine di 40 giorni per proporre l'opposizione tardiva - se del caso rilevando l'abusività di altra clausola – e non procederà alla vendita o all'assegnazione del bene o del credito sino alle determinazioni del giudice dell'opposizione tardiva sull'istanza ex art. 649 c.p.c. del debitore consumatore.  Così, nella fase di cognizione, il giudice dell'opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., una volta investito dell'opposizione (solo ed esclusivamente sul profilo di abusività delle clausole contrattuali), avrà il potere di sospendere, ex art.649 c.p.c., l'esecutorietà del decreto ingiuntivo, in tutto o in parte, a seconda degli effetti che l'accertamento sull'abusività delle clausole potrebbe comportare sul titolo giudiziale e procederà, quindi, secondo le forme di rito.
Autore: OPPEDISANO GIUSEPPE 9 maggio 2023
Il modello di ricostruzione del nesso causale si basa sul giudizio di probabilità logica. In tema di infezioni nosocomiali, la Corte di Cassazione, Sez III 4864/2023 ha affermato che, in applicazione dei principi sul riparto dell'onere probatorio in materia di responsabilità sanitaria, secondo cui spetta al paziente provare il nesso di causalità fra l'aggravamento della situazione patologica (o l'insorgenza di nuove patologie) e la condotta del sanitario, mentre alla struttura sanitaria compete la prova di aver adempiuto esattamente la prestazione o la prova della causa imprevedibile ed inevitabile dell'impossibilità dell'esatta esecuzione, con riferimento specifico alle infezioni nosocomiali, spetterà alla struttura provare: 1) di aver adottato tutte le cautele prescritte dalle vigenti normative e dalle leges artis, al fine di prevenire l'insorgenza di patologie infettive;  2) di dimostrare di aver applicato i protocolli di prevenzione delle infezioni nel caso specifico; di tal che la relativa fattispecie non integra un'ipotesi di responsabilità oggettiva ( Cass. 11599/2020), mentre, ai fini dell'affermazione della responsabilità della struttura sanitaria, rilevano, tra l'altro, il criterio temporale - e cioè il numero di giorni trascorsi dopo le dimissioni dall'ospedale - il criterio topografico - i.e. l'insorgenza dell'infezione nel sito chirurgico interessato dall'intervento in assenza di patologie preesistenti e di cause sopravvenute eziologicamente rilevanti, da valutarsi secondo il criterio della cd. "probabilità prevalente" - e il criterio clinico - volta che, in ragione della specificità dell'infezione, sarà possibile verificare quali, tra le necessarie misure di prevenzione (sulle quali, infra, 6.1.) era necessario adottare.
Autore: 5082a141_user 17 agosto 2022
Ai fini del riconoscimento del permesso di soggiorno per gravi ragioni umanitarie, la condizione di vulnerabilità per motivi di salute richiede la valutazione se il rientro nel paese d'origine pregiudichi il diritto inviolabile alla salute a causa delle gravi carenze del sistema sanitario.
Autore: 5082a141_user 9 luglio 2022
Normalmente la servitù di passaggio con mezzi meccanici non consente la manovra di inversione di marcia sul fondo servente, salvo che tale facoltà non risulti in modo inequivoco dal titolo o non si riveli necessariamente implicita riguardo allo stato dei luoghi, perché indispensabile per l'esercizio del passaggio.
9 luglio 2022
In caso di violazione amministrativa commessa da minore degli anni diciotto, della stessa risponde, colui che era tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.
Autore: 5082a141_user 28 novembre 2021
1. Con ricorso ritualmente proposto l’Associazione C.U.O. impugna l'ordinanza indicata in epigrafe, emessa dal Responsabile del Settore 'Politiche del Territorio’ del Comune di Siderno il 3/8/2021, con la quale veniva ordinato lo sgombero dell’immobile sito in via F. Macrì n. 16, concessole in comodato d'uso gratuito ai fini della relativa destinazione a centro diurno per disabili. 1.2. L’associazione ricorrente, attiva quale onlus nel settore del volontariato con finalità di promozione dell’assistenza socio sanitaria delle persone diversamente abili, premette in fatto di aver stipulato con il Comune di Siderno in data 9/5/2018 un contratto di comodato d'uso gratuito avente ad oggetto il bene immobile in questione per destinarlo a struttura di accoglienza diurna per persone disabili. Ottenutane la materiale disponibilità provvedeva, dunque, ad avviare i lavori di ristrutturazione necessari per la messa a norma e l'accessibilità degli spazi, curando in particolare le opere volte all’eliminazione delle barriere architettoniche (scalinate e servizi), sì da rendere fruibili i locali agli utenti della struttura. Ciò nonostante con la gravata ordinanza il Comune intimava il rilascio dell’immobile entro il termine di sette giorni, adducendo a relativo fondamento la violazione delle condizioni stabilite negli artt. 5 e 6 della convezione di comodato, con particolare riferimento all’omessa trasmissione delle relazioni annuali sulle attività espletate nell’immobile nonché alla mancata voltura delle utenze, con conseguente operatività della clausola risolutiva espressa prevista nell’art. 10. 2. In punto di diritto, con una prima doglianza denuncia il "difetto assoluto di attribuzione del potere esercitato dall’amministrazione" sul rilievo, per un verso, della riconducibilità dell’immobile al patrimonio disponibile dell’ente e, per altro verso, del carattere non grave dell’inadempimento contestato. Si duole ancora della "erroneità e illegittimità dell’esercizio dei poteri pubblicistici di autotutela esecutiva, previsti dagli artt. 822, 823 c.2, 826 c. 3 c.c., carenza di potere in concreto, violazione di legge e norma pattizia sulla competenza (art. 14 contratto)", rilevando, in specie, che a fronte delle inadempienze oggetto di contestazione l’Ente avrebbe dovuto azionare la tutela civilistica prevista dall’art. 14 del contratto e non già i rimedi autoritativi in concreto esercitati, avendo le parti concordato la devoluzione al giudice ordinario di "ogni controversia sorgente dal presente contratto". Rimarcava, a tal riguardo, la natura prettamente privatistica della controversia, insorta nel corso dell’esecuzione del rapporto, confermata d'altro canto dal richiamo nell’ordinanza al rimedio contrattuale della clausola risolutiva espressa, incompatibile con la spendita di potere autoritativo, limitandosi l’Ente a rilevare l'inadempimento di obblighi "afferenti la fase esecutiva del contratto, fase in cui le parti si trovano in una relazione paritaria" (p. 5 ricorso). Con una seconda doglianza si duole della violazione delle garanzie partecipative, avendo l’Ente omesso di comunicare l'avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e ss. L. n. 241 del 1990. Ulteriori vizi, rilevanti sotto il versante della violazione di legge e dell’eccesso di potere, sarebbero ancora rintracciabili nella nullità della clausola risolutiva espressa per violazione dell’art. 1456 c.c. per genericità (III doglianza) nonché nella "scarsa importanza e lievità delle contestazioni contrattuali", avendo l’Ente del tutto omesso di considerare le condizioni in cui si trovava l'immobile all’atto della consegna, delle quali era stato peraltro messo a conoscenza con note trasmesse il 1/7/2020 e il 10/9/2020, segnalandosi anche le difficoltà connesse al completamento dei lavori ed all’avvio dell’attività di assistenza in ragione dell’emergenza pandemica (IV). Lamenta, infine, la violazione dei principi di legalità, imparzialità, buon andamento, proporzionalità e buona fede contrattuale, anche in relazione alla carenza e contraddittorietà della motivazione nonché al difetto dell’istruttoria, segnalando in particolare l'imprecisa indicazione dell’immobile oggetto di sgombero, individuato infatti nell’ordinanza con diversi riferimenti identificativi (V). Conclude, pertanto, chiedendo l'annullamento dell’ordinanza previa sospensione in via cautelare dei relativi effetti. 3. Per resistere al ricorso si è costituito il Comune di Siderno con memoria di controdeduzioni depositata il 18/9/2021, rivendicando la piena legittimità del provvedimento impugnato, tenuto conto della mancata destinazione dell’immobile, nonostante il lungo tempo trascorso dalla stipula del contratto di comodato, alle finalità per le quali lo stesso era stato assegnato all’associazione ricorrente. 4. Per mero errore depositava una memoria di costituzione in giudizio anche l’A.D.R.C., afferente tuttavia ad un diverso giudizio. 5. Alla camera di consiglio del 22/9/2021, fissata per la trattazione della domanda cautelare, il presidente del Collegio invitava le parti a interloquire, ai sensi dell’art. 73, co. 3, primo periodo, c.p.a., sul profilo della giurisdizione, rilevando una possibile causa di inammissibilità del ricorso. Dato dunque avviso ex art. 60 c.p.a. della possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, la causa veniva trattenuta in decisione. 6. Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione, esorbitando la controversia dal perimetro della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo enucleato nell’art. 133, co. 1, lett. b), c.p.a. in relazione alla materia della 'concessione di beni pubblici’, circoscritto, infatti, alle sole "controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi …". 6.1. Giova preliminarmente ricordare, in linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza, che la giurisdizione si determina in base alla domanda e, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il c.d. petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (cfr. Cass.., sez. un., ord. 26 giugno 2019, n. 17123; Id., ord. 20 giugno 2019, n. 16536; Id., ord. 31 luglio 2018, n. 20350; cfr. anche C. St., sez. VI, 27 febbraio 2018, n. 1166). Non appare, inoltre, superfluo evidenziare l'irrilevanza del fatto che le doglianze di parte ricorrente siano dirette avverso provvedimenti amministrativi, dovendosi fare applicazione nella vicenda in esame del principio in base al quale il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo si determina non già in base agli affermati vizi degli atti amministrativi e alle pronunce richieste su di esse (annullamento piuttosto che disapplicazione) bensì in relazione al carattere paritario o autoritativo del rapporto intercorrente tra privato e Amministrazione. In altri termini, la giurisdizione del giudice ordinario, con riguardo a una domanda proposta dal privato nei confronti della Pubblica Amministrazione, non può essere esclusa per il solo fatto che la domanda medesima contenga la richiesta di annullamento di un atto amministrativo, perché, ove tale richiesta si ricolleghi alla tutela di una posizione di diritto soggettivo, in considerazione della dedotta inosservanza di norme di relazione (id est, delle norme regolative del rapporto intersoggettivo tra privato e P.A.) da parte dell’Amministrazione, quella giurisdizione va affermata, fermo restando il potere del giudice ordinario di provvedere alla sola disapplicazione dell’atto amministrativo nel caso concreto (cfr.. TAR Veneto, sez. I, 25 luglio 2019, n. 890; v. altresì C. St., sez. V, 27 aprile 2015, n. 2059). 6.2. Tanto premesso, per come pacificamente riconosciuto dalla stessa parte ricorrente in sede ricorsuale, nella vicenda di specie viene in rilievo una controversia di natura squisitamente civilistica, nascente dal contestato inadempimento da parte del comodatario di talune condizioni del contratto stipulato con il Comune di Siderno il 9/5/2018 avente ad oggetto un bene immobile facente parte del patrimonio disponibile dell’Ente, con conseguente ricorso da parte di quest’ultimo al rimedio contrattuale della risoluzione di diritto in forza della clausola risolutiva espressa inserita nell’accordo (art. 10). Sicché, al di là del nomen juris impressogli dall’amministrazione, al provvedimento figura del tutto estranea la spendita di poteri autoritativi, afferendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto contrattuale ed avendo agito l’Ente nell’esercizio di un potere di matrice tipicamente privatistica, sul rilievo dell’inadempimento del contraente a due specifici obblighi contrattuali assunti con la sottoscrizione dell’accordo, afferenti, in particolare, all’omessa trasmissione delle relazioni annuali sull’attività svolta nell’immobile concesso in comodato (art. 5) e all’omessa voltura delle utenze a servizio dello stesso, rimaste nella formale titolarità del comodante (art. 6). D’altro canto, anche il tenore testuale dell’atto impugnato conforta l'assunto del carattere privatistico, e non già autoritativo, dell’iniziativa assunta dall’Ente al fine di conseguire il rilascio dell’immobile, passando un tale risultato per lo scioglimento del vincolo contrattuale in forza di un rimedio espressamente previsto dalle parti nell’accordo, nell’alveo dunque di una relazione in tutta evidenza paritetica. Ed infatti, richiamati gli obblighi contrattuali asseritamente trasgrediti dal comodatario, a fondamento della risoluzione del rapporto l’Amministrazione invoca l'operatività della condizione pattuita nell’art. 10, a mente del quale "l'inadempienza da parte del comodatario di uno dei patti contenuti nell’ambito di una relazione tra le parti paritetica in questo contratto produrrà ipso iure la sua risoluzione". L’intrinseca natura della posizione sostanziale dedotta in giudizio, certamente da qualificarsi quale autentico diritto soggettivo (al mantenimento del bene oggetto del contratto di comodato) inciso da un atto assunto dalla pubblica amministrazione iure privatorum, cioè in assenza di spendita di potere autoritativo, rende dunque manifesta l'estraneità della controversia all’ambito applicativo del richiamato art. 133, co. 1, lett. b), c.p.a., rilevando esclusivamente la dimensione civilistica del postulato inadempimento contrattuale. L’atto impugnato, in definitiva, deve essere correttamente inteso non come provvedimento amministrativo autoritativo avente ad oggetto l'ordine di sgombero dell’immobile ma, piuttosto, come comunicazione dell’avvenuta risoluzione di diritto del contratto di comodato per inadempimento e contestuale richiesta di rilascio dell’immobile, conformemente all’orientamento giurisprudenziale a mente del quale "le controversie relative ad un ordine di sgombero di un locale di proprietà comunale facente parte del patrimonio disponibile dell’ente territoriale, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di un rapporto di matrice negoziale, da cui derivano in capo ai contraenti posizioni giuridiche paritetiche qualificabili in termini di diritto soggettivo, nel cui ambito l’Amministrazione agisce 'iure privatorum’ - al di fuori cioè dell’esplicazione di qualsivoglia potestà pubblicistica - non soltanto nella fase genetica e funzionale del rapporto, ma anche nella fase patologica, il che, più specificamente, si traduce nell’assenza di poteri autoritativi sia sul versante della chiusura del rapporto stesso, sia su quello connesso del rilascio del bene" (cfr. TAR Campobasso, sez. I, 4 ottobre 2019, n. 314). 6.3. Tali coordinate di riparto - coerenti con una lettura conforme a Costituzione della fattispecie di giurisdizione esclusiva prevista dall’art. 133, co. 1, lett. b), c.p.a. - risultano applicabili alla controversia in esame, considerato che le pretese ricorsuali, vertenti in ultima istanza sulla sussistenza delle condizioni per il legittimo esercizio da parte del Comune del diritto potestativo nascente dalla clausola risolutiva espressa inserita nell’accordo negoziale, attengono certamente alla fase esecutiva del rapporto e suppongono l'accertamento di patologie, afferenti al contratto/rapporto, che non hanno alcuna connessione con l'esercizio di poteri autoritativi da parte del Comune di Siderno, essendo piuttosto riconducibili all’inadempimento oggetto di contestazione. 7. Conclusivamente, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, innanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda originaria, ai sensi dell’art. 11 c.p.a. 8. Considerato che il merito della controversia rimane impregiudicato, sussistono i presupposti di legge per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione. T.A.R. Calabria Reggio Calabria, Sent., (data ud. 22/09/2021) 24/09/2021, n. 717
Autore: 5082a141_user 15 maggio 2021
La Corte di Appello di Milano, con sentenza n.1353/2021 ha condannato la casa farmaceutica per la mancata indicazione degli effetti collaterali. Il caso concerne l'assunzione dei medicinali che determinavano effetti collaterali incontrollabili, non riportati nel bugiardino, tra cui, in particolare ludopatia ed ipersessualità, e cagionavano notevoli sconvolgimenti nella vita dell’attore. Nel respingere l'appello, la Corte ha riaffermato i principi in materia di prova liberatoria di cui alla Sentenza Cass n. 6587 del 07/03/2019 “ Ai fini della prova liberatoria, idonea ad escludere la responsabilità ex art. 2050 c.c. per i danni conseguenti alla produzione e immissione in commercio di farmaci, l'impresa farmaceutica è tenuta a dimostrare di avere osservato, prima della produzione e immissione sul mercato del farmaco, i protocolli di sperimentazione previsti dalla legge, e di avere fornito un'adeguata informazione circa i possibili effetti indesiderati dello stesso, aggiornandola - se necessario - in relazione all'evoluzione della ricerca”. L'appellante assume che la comunità scientifica e le industrie farmaceutiche non potessero essere a conoscenza dei rischi prima del 2006, per l'esiguità dei casi riscontrati e che comunque, “solo dopo che il fenomeno è stato ampiamente studiato, appare evidente che la classe dei medicinali dopamino antagonisti determina una facilitazione a comportamenti compulsivi in soggetti comunque predisposti e può rappresentare un effetto indesiderato (non comune) del medicinale, ma non certo un suo effetto collaterale (cioè a dire un effetto prevedibile ineluttabile all'epoca degli studi registrativi del farmaco) o difetto” ( pag 23 appello). Trattasi infatti, a giudizio della Corte, di mera riproposizione di argomentazioni già formulate in primo grado, ritenute dal Tribunale, con una motivazione che si condivide, inidonee a dimostrare la rigorosa “osservanza di tutte le sperimentazioni ed i protocolli previsti dalla legge prima della produzione e della commercializzazione del farmaco" come richiesto dalla più giurisprudenza della Suprema Corte sopra citata, poiché genericamente dedotte.
L’Eco Giuridico-Il processo penale oggi (ovvero “disumanar e organizzar”)
Icona Telefono

Affidati all’esperienza e alla professionalità dello Studio Legale Oppedisano. Chiama per fissare un primo colloquio conoscitivo

Chiama ora
Share by: