Rilascio di immobile concesso in comodato. No all'ordinanza di sgombero.

Le inadempienze al contratto possono essere contestate in sede civilistica e non con rimedi autoritativi.

1. Con ricorso ritualmente proposto l’Associazione C.U.O. impugna l'ordinanza indicata in epigrafe, emessa dal Responsabile del Settore 'Politiche del Territorio’ del Comune di Siderno il 3/8/2021, con la quale veniva ordinato lo sgombero dell’immobile sito in via F. Macrì n. 16, concessole in comodato d'uso gratuito ai fini della relativa destinazione a centro diurno per disabili.

1.2. L’associazione ricorrente, attiva quale onlus nel settore del volontariato con finalità di promozione dell’assistenza socio sanitaria delle persone diversamente abili, premette in fatto di aver stipulato con il Comune di Siderno in data 9/5/2018 un contratto di comodato d'uso gratuito avente ad oggetto il bene immobile in questione per destinarlo a struttura di accoglienza diurna per persone disabili. Ottenutane la materiale disponibilità provvedeva, dunque, ad avviare i lavori di ristrutturazione necessari per la messa a norma e l'accessibilità degli spazi, curando in particolare le opere volte all’eliminazione delle barriere architettoniche (scalinate e servizi), sì da rendere fruibili i locali agli utenti della struttura.

Ciò nonostante con la gravata ordinanza il Comune intimava il rilascio dell’immobile entro il termine di sette giorni, adducendo a relativo fondamento la violazione delle condizioni stabilite negli artt. 5 e 6 della convezione di comodato, con particolare riferimento all’omessa trasmissione delle relazioni annuali sulle attività espletate nell’immobile nonché alla mancata voltura delle utenze, con conseguente operatività della clausola risolutiva espressa prevista nell’art. 10.

2. In punto di diritto, con una prima doglianza denuncia il "difetto assoluto di attribuzione del potere esercitato dall’amministrazione" sul rilievo, per un verso, della riconducibilità dell’immobile al patrimonio disponibile dell’ente e, per altro verso, del carattere non grave dell’inadempimento contestato. Si duole ancora della "erroneità e illegittimità dell’esercizio dei poteri pubblicistici di autotutela esecutiva, previsti dagli artt. 822, 823 c.2, 826 c. 3 c.c., carenza di potere in concreto, violazione di legge e norma pattizia sulla competenza (art. 14 contratto)", rilevando, in specie, che a fronte delle inadempienze oggetto di contestazione l’Ente avrebbe dovuto azionare la tutela civilistica prevista dall’art. 14 del contratto e non già i rimedi autoritativi in concreto esercitati, avendo le parti concordato la devoluzione al giudice ordinario di "ogni controversia sorgente dal presente contratto". Rimarcava, a tal riguardo, la natura prettamente privatistica della controversia, insorta nel corso dell’esecuzione del rapporto, confermata d'altro canto dal richiamo nell’ordinanza al rimedio contrattuale della clausola risolutiva espressa, incompatibile con la spendita di potere autoritativo, limitandosi l’Ente a rilevare l'inadempimento di obblighi "afferenti la fase esecutiva del contratto, fase in cui le parti si trovano in una relazione paritaria" (p. 5 ricorso).

Con una seconda doglianza si duole della violazione delle garanzie partecipative, avendo l’Ente omesso di comunicare l'avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e ss. L. n. 241 del 1990.

Ulteriori vizi, rilevanti sotto il versante della violazione di legge e dell’eccesso di potere, sarebbero ancora rintracciabili nella nullità della clausola risolutiva espressa per violazione dell’art. 1456 c.c. per genericità (III doglianza) nonché nella "scarsa importanza e lievità delle contestazioni contrattuali", avendo l’Ente del tutto omesso di considerare le condizioni in cui si trovava l'immobile all’atto della consegna, delle quali era stato peraltro messo a conoscenza con note trasmesse il 1/7/2020 e il 10/9/2020, segnalandosi anche le difficoltà connesse al completamento dei lavori ed all’avvio dell’attività di assistenza in ragione dell’emergenza pandemica (IV).

Lamenta, infine, la violazione dei principi di legalità, imparzialità, buon andamento, proporzionalità e buona fede contrattuale, anche in relazione alla carenza e contraddittorietà della motivazione nonché al difetto dell’istruttoria, segnalando in particolare l'imprecisa indicazione dell’immobile oggetto di sgombero, individuato infatti nell’ordinanza con diversi riferimenti identificativi (V).

Conclude, pertanto, chiedendo l'annullamento dell’ordinanza previa sospensione in via cautelare dei relativi effetti.

3. Per resistere al ricorso si è costituito il Comune di Siderno con memoria di controdeduzioni depositata il 18/9/2021, rivendicando la piena legittimità del provvedimento impugnato, tenuto conto della mancata destinazione dell’immobile, nonostante il lungo tempo trascorso dalla stipula del contratto di comodato, alle finalità per le quali lo stesso era stato assegnato all’associazione ricorrente.

4. Per mero errore depositava una memoria di costituzione in giudizio anche l’A.D.R.C., afferente tuttavia ad un diverso giudizio.

5. Alla camera di consiglio del 22/9/2021, fissata per la trattazione della domanda cautelare, il presidente del Collegio invitava le parti a interloquire, ai sensi dell’art. 73, co. 3, primo periodo, c.p.a., sul profilo della giurisdizione, rilevando una possibile causa di inammissibilità del ricorso. Dato dunque avviso ex art. 60 c.p.a. della possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, la causa veniva trattenuta in decisione.

6. Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione, esorbitando la controversia dal perimetro della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo enucleato nell’art. 133, co. 1, lett. b), c.p.a. in relazione alla materia della 'concessione di beni pubblici’, circoscritto, infatti, alle sole "controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi …".

6.1. Giova preliminarmente ricordare, in linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza, che la giurisdizione si determina in base alla domanda e, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il c.d. petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (cfr. Cass.., sez. un., ord. 26 giugno 2019, n. 17123; Id., ord. 20 giugno 2019, n. 16536; Id., ord. 31 luglio 2018, n. 20350; cfr. anche C. St., sez. VI, 27 febbraio 2018, n. 1166).

Non appare, inoltre, superfluo evidenziare l'irrilevanza del fatto che le doglianze di parte ricorrente siano dirette avverso provvedimenti amministrativi, dovendosi fare applicazione nella vicenda in esame del principio in base al quale il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo si determina non già in base agli affermati vizi degli atti amministrativi e alle pronunce richieste su di esse (annullamento piuttosto che disapplicazione) bensì in relazione al carattere paritario o autoritativo del rapporto intercorrente tra privato e Amministrazione. In altri termini, la giurisdizione del giudice ordinario, con riguardo a una domanda proposta dal privato nei confronti della Pubblica Amministrazione, non può essere esclusa per il solo fatto che la domanda medesima contenga la richiesta di annullamento di un atto amministrativo, perché, ove tale richiesta si ricolleghi alla tutela di una posizione di diritto soggettivo, in considerazione della dedotta inosservanza di norme di relazione (id est, delle norme regolative del rapporto intersoggettivo tra privato e P.A.) da parte dell’Amministrazione, quella giurisdizione va affermata, fermo restando il potere del giudice ordinario di provvedere alla sola disapplicazione dell’atto amministrativo nel caso concreto (cfr.. TAR Veneto, sez. I, 25 luglio 2019, n. 890; v. altresì C. St., sez. V, 27 aprile 2015, n. 2059).

6.2. Tanto premesso, per come pacificamente riconosciuto dalla stessa parte ricorrente in sede ricorsuale, nella vicenda di specie viene in rilievo una controversia di natura squisitamente civilistica, nascente dal contestato inadempimento da parte del comodatario di talune condizioni del contratto stipulato con il Comune di Siderno il 9/5/2018 avente ad oggetto un bene immobile facente parte del patrimonio disponibile dell’Ente, con conseguente ricorso da parte di quest’ultimo al rimedio contrattuale della risoluzione di diritto in forza della clausola risolutiva espressa inserita nell’accordo (art. 10).

Sicché, al di là del nomen juris impressogli dall’amministrazione, al provvedimento figura del tutto estranea la spendita di poteri autoritativi, afferendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto contrattuale ed avendo agito l’Ente nell’esercizio di un potere di matrice tipicamente privatistica, sul rilievo dell’inadempimento del contraente a due specifici obblighi contrattuali assunti con la sottoscrizione dell’accordo, afferenti, in particolare, all’omessa trasmissione delle relazioni annuali sull’attività svolta nell’immobile concesso in comodato (art. 5) e all’omessa voltura delle utenze a servizio dello stesso, rimaste nella formale titolarità del comodante (art. 6).

D’altro canto, anche il tenore testuale dell’atto impugnato conforta l'assunto del carattere privatistico, e non già autoritativo, dell’iniziativa assunta dall’Ente al fine di conseguire il rilascio dell’immobile, passando un tale risultato per lo scioglimento del vincolo contrattuale in forza di un rimedio espressamente previsto dalle parti nell’accordo, nell’alveo dunque di una relazione in tutta evidenza paritetica.

Ed infatti, richiamati gli obblighi contrattuali asseritamente trasgrediti dal comodatario, a fondamento della risoluzione del rapporto l’Amministrazione invoca l'operatività della condizione pattuita nell’art. 10, a mente del quale "l'inadempienza da parte del comodatario di uno dei patti contenuti nell’ambito di una relazione tra le parti paritetica in questo contratto produrrà ipso iure la sua risoluzione".

L’intrinseca natura della posizione sostanziale dedotta in giudizio, certamente da qualificarsi quale autentico diritto soggettivo (al mantenimento del bene oggetto del contratto di comodato) inciso da un atto assunto dalla pubblica amministrazione iure privatorum, cioè in assenza di spendita di potere autoritativo, rende dunque manifesta l'estraneità della controversia all’ambito applicativo del richiamato art. 133, co. 1, lett. b), c.p.a., rilevando esclusivamente la dimensione civilistica del postulato inadempimento contrattuale.

L’atto impugnato, in definitiva, deve essere correttamente inteso non come provvedimento amministrativo autoritativo avente ad oggetto l'ordine di sgombero dell’immobile ma, piuttosto, come comunicazione dell’avvenuta risoluzione di diritto del contratto di comodato per inadempimento e contestuale richiesta di rilascio dell’immobile, conformemente all’orientamento giurisprudenziale a mente del quale "le controversie relative ad un ordine di sgombero di un locale di proprietà comunale facente parte del patrimonio disponibile dell’ente territoriale, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di un rapporto di matrice negoziale, da cui derivano in capo ai contraenti posizioni giuridiche paritetiche qualificabili in termini di diritto soggettivo, nel cui ambito l’Amministrazione agisce 'iure privatorum’ - al di fuori cioè dell’esplicazione di qualsivoglia potestà pubblicistica - non soltanto nella fase genetica e funzionale del rapporto, ma anche nella fase patologica, il che, più specificamente, si traduce nell’assenza di poteri autoritativi sia sul versante della chiusura del rapporto stesso, sia su quello connesso del rilascio del bene" (cfr. TAR Campobasso, sez. I, 4 ottobre 2019, n. 314).

6.3. Tali coordinate di riparto - coerenti con una lettura conforme a Costituzione della fattispecie di giurisdizione esclusiva prevista dall’art. 133, co. 1, lett. b), c.p.a. - risultano applicabili alla controversia in esame, considerato che le pretese ricorsuali, vertenti in ultima istanza sulla sussistenza delle condizioni per il legittimo esercizio da parte del Comune del diritto potestativo nascente dalla clausola risolutiva espressa inserita nell’accordo negoziale, attengono certamente alla fase esecutiva del rapporto e suppongono l'accertamento di patologie, afferenti al contratto/rapporto, che non hanno alcuna connessione con l'esercizio di poteri autoritativi da parte del Comune di Siderno, essendo piuttosto riconducibili all’inadempimento oggetto di contestazione.

7. Conclusivamente, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, innanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda originaria, ai sensi dell’art. 11 c.p.a.

8. Considerato che il merito della controversia rimane impregiudicato, sussistono i presupposti di legge per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione.
T.A.R. Calabria Reggio Calabria, Sent., (data ud. 22/09/2021) 24/09/2021, n. 717

Autore: Webmaster Italiaonline 20 agosto 2024
« Nulla è più dolce dell’amore, ogni altra felicità gli è seconda; dalla bocca sputo anche il miele. Così dice Nosside; solo chi non è amato da Cipride ignora quali rose siano i suoi fiori. » Frammenti di Nosside in Antologia Palatina, libro V, 170 Meleagro di Gadara.  L’Enciclopedia Italiana ha selezionato il termine “femminicidio ” quale parola dell’anno 2023, nell’ambito della campagna di comunicazione #leparolevalgono. “ Come Osservatorio della lingua italiana – spiega infatti Va l e r i a D e l l a Va l l e , c o d i r e t t r i c e scientifica del “Vocabolario Treccani” – non ci occupiamo della ricorrenza e della frequenza d’uso della parola “femminicidio” in termini quantitativi, ma della sua rilevanza dal punto di vista socioculturale: quanto è presente nell’uso comune, in che misura ricorre nella stampa e nella saggistica? Purtroppo, nel 2023 la sua presenza si è fatta più rilevante, fino a configurarsi come una sorta di campanello d’allarme che segnala, sul piano linguistico, l’intensità della discriminazione di genere ”. Ebbene, a febbraio 2024, il Parlamento Europeo e gli Stati dell’Unione hanno raggiunto l’accordo sulla Direttiva Europea sulla violenza di genere, la prima legge europea che si occupa della materia. L'obiettivo è di rendere omogenea la lotta alla violenza sessista nell'Unione Europea, eliminando e superando normative distanti e disparate fra di loro, vigenti fra i vari Stati. Rappresenta una pietra miliare, perché è il primo strumento giuridico, completo a livello UE, destinato a contrastare la violenza contro le donne. La futura Direttiva si occuperà di cyberbullismo, incitamento all'odio online e violenza, matrimonio forzato, mutilazione genitale, violenza informatica, molestie sessuali attraverso mezzi digitali. Comprenderà un elenco di circostanze aggravanti; l'intento è di punire le violenze effettuate per motivi di orientamento sessuale, genere, colore della pelle, religione, origine sociale, convinzioni politiche, oppure per preservare o ripristinare " onore" ; sono miglioratele procedure per la sicurezza e la salute delle vittime, una migliore attività di segnalazione, prevenzione e raccolta di prove da parte delle autorità. Rappresenta tuttavia una grave lacuna della Direttiva l’esclusione della sua applicazione alle donne migranti. Ulteriore perplessità è costituita dal fatto che non includerà uno dei reati più gravi, ossia lo stupro, il fatto più violento alla persona e alla libertà delle donne. Il mancato inserimento dipende da una serie di fattori che la Commissione Europea ha tentato di dirimere. Infatti, a marzo 2022, la Commissione europea aveva formulato la proposta di definire la violenza sessuale, identificandola quale rapporto in assenza del consenso. Quindi qualsiasi rapporto sessuale non concordato sarebbe stato tipizzato come stupro; le vittime sarebbero state agevolate dal punto di vista processuale, in quanto non avrebbero dovuto fornire la prova che fosse stata utilizzata la forza, la minaccia o la coercizione. Alcuni paesi già hanno adottato, in ambito nazionale, la definizione del reato quale rapporto basato sulla mancanza di consenso. Diversi paesi, anzi ben 14, si sono opposti ad una simile definizione. La Germania e la Francia sostengono che la materia specifica appartiene alla potestà legislativa penale nazionale e non è fra quelle delegate all'Unione. La Polonia e l'Ungheria sono ideologicamente contrari al fatto che il consenso possa costituire la base per la distinzione o meno del rapporto lecito dall'illecito. La domanda chiave è su “ cosa o come” intendere il rapporto consensuale. Secondo alcune correnti del femminismo, “ il consenso è impossibile ”. La disuguaglianza di potere tra uomini e donne è così grande che, di fatto, ogni accordo è viziato a livello del sistema sociale. Finché ci sarà disuguaglianza di potere ci sarà violenza. La libertà di una delle parti, quella delle donne, è un’apparenza. Il rapporto diventa un obbligo, in quanto in una società patriarcale si vive male e con alibi. Si tratta di una visione autoritaria, manichea, e come tale è inaccettabile. Secondo altre teorie il consenso è possibile e, per di più, dovrebbe essere obbligatorio, affermativo, esplicito. Da un lato propone che “ il consenso non è impossibile, ma è difficile ”, per cui bisognerebbe “assicurarsi” che la donna esprima un chiaro “ sì ” oppure un “ No ” è no” , ma ciò non appare accettabile in quanto immergerebbe il rapporto in una visione di tipo contrattualistico, lontana dalla realtà effettuale. Secondo altri il “ consenso è molto facile .” Basta sapere cosa vogliamo e verbalizzarlo. Quanto più inequivocabile è questa espressione positiva della volontà di fare sesso, tanto meglio è. Non dobbiamo prestare attenzione solo alla volontà, ma anche al desiderio. Anche questa teoria appare non recepibile, in quanto collega la volontà al desiderio, come se il desiderio fosse sempre trasparente e intelligibile e, invece, non abbia momenti di ambiguità, per cui un “no”, molte volte è un ”sì”. Il consenso può essere non necessariamente entusiastico e anche non esplicito, ma certamente è delimitato dall’area legale e penale, per cui se non c'è volontà e non c’è consenso, allora si tratta di violenza; altro limite è rappresentato dall’etica, per cui se manca la volontà perché c’è stata un’incomprensione, un errore, manca il sentimento fra amanti, ma non c’è aggressione, intimidazione, allora non è un crimine. La direttiva costituisce un traguardo nella lotta alla violenza di genere, ma dimostra la persistenza di una mentalità passata e contraddittoria, in quanto la stessa Convenzione di Istanbul , adottata da quasi tutti gli Stati Europei, all'art. 36, comma 1 lett. a, obbliga gli Stati firmatari ad adottare misure legislative per perseguire penalmente i responsabili dei comportamenti intenzionali, fra cui lo stupro, definito come "atto sessuale non consensuale". Ebbene, dopo la ratifica del 2013, l’articolo 609-bis c.p. non ha subito modifiche per allinearlo alla Convenzione di Istanbul. In particolare, la sua formulazione non menziona il consenso, rappresentando una vera e propria lacuna giuridica. Sul punto soccorre la giurisprudenza e la dottrina che invece lo considerano come elemento essenziale del reato. La recente sentenza della Corte di Cassazione conferma il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui il consenso debba essere presente al momento dell'atto e, malgrado il comportamento provocatorio, anche durante tutto l'atto sessuale. In precedenza aveva affermato che «l’esimente putativa del consenso dell’avente diritto non è configurabile nel delitto di violenza sessuale, in quanto la mancanza del consenso costituisce requisito esplicito della fattispecie e l’errore sul dissenso si sostanzia, pertanto, in un errore inescusabile sulla legge penale»; ne deriva che «ai fini della consumazione del reato di violenza sessuale, è richiesta la mera mancanza del consenso, non la manifestazione del dissenso, ben potendo il reato essere consumato ai danni di persona dormiente ». Alcune pronunce hanno riconosciuto la configurabilità, in astratto, dell'esimente putativa del consenso nei reati sessuali, come errore fondato sul contenuto espressivo , in ipotesi equivoco, di precise e positive manifestazioni di volontà promananti dalla persona offesa. Il consenso della vittima non vale se erroneamente ipotizzato dall’autore; l’assenza di consenso non vale come sì; il consenso dovrebbe essere esplicito ed inequivocabile. Il richiamo è, quindi, ai valori della nostra Carta Costituzionale, alla parità di genere, all’educazione e al rispetto reciproco della dignità umana, quale base per le relazioni umane. BIBLIOGRAFIA Il termine " femminicidio " deriva dall’unione del sostantivo femminile “femmina” a cui è aggiunto il suffisso “cidio”, similmente a omicidio, deicidio, regicidio, ecc. Secondo l’Accademia della Crusca, il femminicidio consiste nel “provocare la morte di una donna, bambina o adulta, da parte del proprio compagno, marito, padre o di un uomo qualsiasi, in conseguenza del mancato assoggettamento fisico o psicologico della vittima”. https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/femminicidio-i-perche-di-una-parola/803. https://www.treccani.it/magazine/atlante/societa/femminicidio-e-la-parola-dell-anno-2023.html . Secondo la Platform for undocumented migrants (Picum), una ong con base in Belgio che promuove il rispetto dei diritti umani dei migranti senza documenti in Europa, ha denunciato la cancellazione delle norme che avrebbero protetto le donne migranti, in particolare coloro senza documenti o con un permesso di soggiorno temporaneo. Clara Serra, “Il senso del consenso”, Nuevos cuadernos Anagrama, 2024; intervista su https://youtu.be/AuCIVgPY1 La Convenzione è stata ratificata in Italia con la legge del 27/6/2013 n.77. Invece il decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito in legge 15 ottobre 2013, n. 119, è la prima "legge contro il femminicidio", così nel suo preambolo: "il susseguirsi di eventi di gravissima efferatezza in danno di donne e il conseguente allarme sociale che ne è derivato rendono necessari interventi urgenti volti a inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di tali fatti, introducendo, in determinati casi, misure di prevenzione finalizzate alla anticipata tutela delle donne e di ogni vittima di violenza domestica". Corte di Cassazione, Sezione Penale n. 32447 del 26 luglio 2023: «integra l’elemento oggettivo del reato di violenza sessuale non soltanto la condotta invasiva della sfera della libertà ed integrità sessuale altrui realizzata in presenza di una manifestazione di dissenso della vittima, ma anche quella posta in essere in assenza del consenso, non espresso neppure in forma tacita, della persona offesa, come nel caso in cui la stessa non abbia consapevolezza della materialità degli atti compiuti sulla sua persona». Cassazione Penale, Sez. III, 10 maggio 2023 (ud. 19 aprile 2023), n. 19599 “In tema di violenza sessuale, il dissenso della vittima costituisce un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice e, 8 pertanto, il dubbio o l'erroneo convincimento della sua sussistenza investe la configurabilità del fatto - reato e non la verifica della presenza di una causa di giustificazione (Sez. 3, n. 52835 del 19/06/2018, Rv. 274417). Il dissenso, quale elemento oggettivo della fattispecie, deve vertere sugli atti sessuali e consiste in un fenomeno di natura psichica che concerne lo stato soggettivo del soggetto passivo, non quello del soggetto attivo del reato. Da ciò deriva che il dissenso è fuori dalla valutazione degli elementi soggettivi del reato e quindi del dolo. Diversa invece è la valutazione in ordine alla coscienza e alla volontà della condotta da parte del soggetto autore del delitto. Nel reato di violenza sessuale, la coscienza di costringere la persona offesa a compiere o a subire un atto sessuale si manifesta innanzitutto nella consapevolezza del dissenso di questa. Pertanto, l'errore sul dissenso, che esclude il dolo ai sensi dell'art. 47 cod. pen., consiste nell'errore sul valore sintomatico delle manifestazioni esterne di resistenza all'atto sessuale poste in essere dalla persona offesa. Trattandosi di un errore sul fatto, è necessario che il soggetto, che ha agito presupponendo una realtà diversa da quella effettiva, debba dare pienamente conto degli elementi fattuali che hanno determinato in lui, nonostante l'uso della normale diligenza, l'erroneo convincimento dell'esistenza del consenso”. Cass. pen., Sez. III, Sent., (data ud. 06/12/2023) 05/03/2024, n. 9316. Articolo estratto da “L’Eco Giuridico" n. 4 de1 8/04/2024- Centro Studi Zaleuco Locri
Autore: OPPEDISANO GIUSEPPE 3 dicembre 2023
Dalle visure catastali spesso è visibile l'esistenza di un livello, ossia la concessione in godimento di un terreno a fronte del pagamento di un corrispettivo annuo. Si tratta di un istituto risalente al diritti romano e che ha avuto grande applicazione in periodo medievale. In particolare i grandi proprietari terrieri (Comune, Chiesa, Nobiltà) costituivano sui loro terreni degli oneri a favore degli affittuari. Oggi sebbene in molti atti sia constatabile, i rispettivi titolari da tempo non lo esercitano, e non ritengono di essere vincolati. Ebbene, in un'ipotesi di contestazione sulla validità dell'iscrizione, è intervenuta la Cassazione, che ha così statuito: " il regime giuridico del livello va assimilato a quello dell'enfiteusi, in quanto i due istituti, pur se originariamente distinti, finirono in prosieguo per confondersi ed unificarsi, dovendosi, pertanto, ricomprendere anche il primo, al pari della seconda, tra i diritti reali di godimento. L'esistenza del livello deve essere accertata mediante il titolo costitutivo del diritto o l'atto di ricognizione, mentre deve escludersi rilievo ai dati catastali " .
Autore: OPPEDISANO GIUSEPPE 3 dicembre 2023
Te, dei miti pensieri, La blandizie non tocca; altri cerchi le care Dolcezze onde si rallegra di bimbi il focolare, Da Tali gioe rifugge il focolare. Tu sei forte e selvaggia, come il vento che rugge Nella tua valle. Tutto hai quanto brami. Giacosa , “Il trionfo d'amore”, atto 2 scena 11, Treves 1934
Altri post
Share by: