Il comparaggio e gli integratori alimentari.

 La Cassazione, con una recente sentenza del 19/04/2018,  ha escluso il reato di comparaggio quando  la prescrizione medica ha per oggetto gli integratori alimentari.

Ebbene il "comparaggio" è una pratica per cui l'operatore sanitario (medico, farmacista) accetta denaro, premi, regali, viaggi, in cambio della prescrizione di specifici farmaci o strumenti diagnostici, a discapito di altri prodotti, oppure quando non esiste un effettivo bisogno di ricorrere a tali prescrizioni.
SI tratta di una pratica vietata dalla legge; l'art. 170 RD 27/07/1934, n. 1265 prevede che il medico o il veterinario che ricevano, per sé o per altri, denaro o altra utilità ovvero ne accettino la promessa, allo scopo di agevolare, con prescrizioni mediche o in qualsiasi altro modo, la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico, sono puniti con l'arresto fino a un anno e con l'ammenda da lire 400.000 (231) a 1.000.000. Se il fatto violi pure altre disposizioni di legge, si applicano le relative sanzioni secondo le norme sul concorso dei reati. La condanna importa la sospensione dall'esercizio della professione per un periodo di tempo pari alla durata della pena inflitta. (232)

La Cassazione si è occupato del caso di un amministratore di una società farmaceutica che aveva diffuso dei prodotti ad uso farmaceutico, incentivando le prescrizioni tramite la consegna di buoni carburanti ad alcuni medici convenzionati, i quali provvedevano a prescrivere dei parafarmaci ai propri pazienti venivano contestati i reati previsti dagli artt. 81, 110, 319, 320 e 321 c.p. -R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, artt. 170 e 172; inoltre l'amministratore aveva organizzato sponsorizzazioni elettorali e provveduto al pagamento di cene e/o incontri in favore di un medico di base convenzionato con il S.S.N. e direttore di un Centro sanitario convenzionato, nonchè candidato alle lezioni comunali dell'anno 2012, ed assunto presso la propria società la moglie del medico, il quale riceveva tali utilità per compiere atti contrari ai propri doveri d'ufficio, quale la prescrizione dei parafarmaci prodotti dalla società; infine aveva corrisposto varie somme di denaro, nell'ordine di qualche migliaia di Euro, in favore di  di un primario di pediatria presso l'ospedale (OMISSIS), ed assunto come informatore farmaceutico presso la propria società  il figlio del primario; Ce.Am. riceveva tali utilità per compiere atti contrari ai propri doveri d'ufficio, quale la prescrizione dei parafarmaci prodotti dalla società su indicata.

La sentenza ritiene non configurabile l'artt. 170 e 172 se la prescrizione riguarda gli integratori alimentari.

 <<E' invece fondato il settimo motivo di ricorso; il reato di comparaggio, si sostiene, non sarebbe configurabile perché nella specie le prescrizioni non avevano ad oggetto "specialità medicinali o altro prodotto ad uso farmaceutico" ma semplici integratori alimentari.
Il R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 170 punisce "Il medico o il veterinario che ricevano, per sè o per altri, denaro o altra utilità ovvero ne accettino la promessa, allo scopo di agevolare, con prescrizioni mediche o in qualsiasi altro modo, la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico".
L'art. 172 dello stesso R.D. stabilisce che "Le pene stabilite nell'art. 170 e art. 171, commi 1 e 2, si applicano anche a carico di chiunque dà o promette al sanitario o al farmacista denaro o altra utilità".
Nel quadro dell'attività di informazione e presentazione dei medicinali svolta presso medici o farmacisti è vietato dunque all'informatore di concedere, offrire o promettere premi, vantaggi pecuniari o in natura, se non di valore trascurabile, nonchè al medico e al farmacista di sollecitare o accettare alcun incentivo di questo tipo: la violazione di questo divieto integra la contravvenzione del D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 219, art. 123.
Per contro, la promessa o la dazione di denaro o altra utilità al sanitario o al farmacista, eseguite pure nel medesimo contesto informativo, e però "allo scopo di agevolare la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico", integrano la diversa e autonoma fattispeci contravvenzionale di "comparaggio" di cui al R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, artt. 170 e 172, modif. dal D.Lgs. n. 541 del 1992, art. 16, reato anch'esso plurioffensivo, ma connotato altresì dalla previsione dell'indicato dolo specifico.
La norma fa riferimento, quanto al dolo, alla diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto ad uso farmaceutico.
Nella letteratura per farmaco si intende qualsiasi sostanza, inorganica od organica, naturale o sintetica, capace di produrre in un organismo vivente modificazioni funzionali, utili o dannose, mediante un'azione chimica, fisico-chimica o fisica. Quando l'impiego di un farmaco è volto a ricondurre alla norma una funzione patologicamente alterata o a favorire i processi riparativi di una lesione si può anche usare il termine medicamento. La produzione e il commercio dei farmaci sono, nell'interesse pubblico, soggetti a particolari limitazioni.
Si definisce, genericamente, medicinale, ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane o animali, nonchè ogni sostanza e composizione da somministrare all'Uomo o all'animale allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche.
Per specialità medicinale si intende invece una forma farmaceutica preconfezionata, prodotta industrialmente ed autorizzata sulla base di una documentazione contenente i risultati sperimentali chimici, biologici, farmaceutici, farmaco-tossicologici e clinici relativi al farmaco che viene immesso in commercio con una denominazione speciale. Non rientrano nella nozione di specialità i medicinali preparati nella farmacia ospedaliera destinati all'impiego nell'ospedale e quelli preparati in farmacia in base a prescrizioni mediche o alle indicazioni della farmacopea ufficiale; non sono specialità medicinali i preparati galenici magistrali, ossia farmaci preparati direttamente dal farmacista in base a prescrizioni mediche o alle indicazioni riportate nella farmacopea ufficiale.
Diversamente, si definiscono integratori alimentari quei prodotti alimentari specifici, assunti nella regolare alimentazione, volti a favorire l'assunzione di determinati principi nutritivi.
In Europa, la normativa di riferimento è la Direttiva 2002/46/CE, attuata in Italia con il D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 169.
In questa normativa, gli integratori alimentari sono definiti precisamente come: "prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare, ma non in via esclusiva, aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate".
Per le loro proprietà nutrizionali, vanno assunti entro limiti di sicurezza (upper safe level: UL), tenendo conto delle RDA (recommended dietary allowances).
E' consolidata l'affermazione secondo cui gli integratori alimentari sono prodotti alimentari e come tali: a) non possono vantare proprietà terapeutiche nè capacità di prevenzione e cura di malattie (etichettatura, presentazione e pubblicità); b) sono soggetti alle norme in materia di sicurezza alimentare.
Al fine di garantire la sicurezza dei prodotti e la corretta informazione ai consumatori, l'immissione in commercio di un integratore alimentare deve essere preceduta dalla comunicazione (notifica) al Ministero della Salute, che ne valuta la conformità alla normativa in vigore. Gli integratori alimentari che superano tale procedura di verifica sono inclusi in un Registro con uno specifico codice che può essere riportato in etichetta.
Dunque, un integratore non è un farmaco, non una specialità medicinale e non può essere considerato un prodotto ad uso farmaceutico; ne deriva che il ricorrente non corrispose denaro e/o altra utilità allo scopo di agevolare la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico.>>


Condividi

Chiamaci
Autore: Webmaster Italiaonline 20 agosto 2024
« Nulla è più dolce dell’amore, ogni altra felicità gli è seconda; dalla bocca sputo anche il miele. Così dice Nosside; solo chi non è amato da Cipride ignora quali rose siano i suoi fiori. » Frammenti di Nosside in Antologia Palatina, libro V, 170 Meleagro di Gadara.  L’Enciclopedia Italiana ha selezionato il termine “femminicidio ” quale parola dell’anno 2023, nell’ambito della campagna di comunicazione #leparolevalgono. “ Come Osservatorio della lingua italiana – spiega infatti Va l e r i a D e l l a Va l l e , c o d i r e t t r i c e scientifica del “Vocabolario Treccani” – non ci occupiamo della ricorrenza e della frequenza d’uso della parola “femminicidio” in termini quantitativi, ma della sua rilevanza dal punto di vista socioculturale: quanto è presente nell’uso comune, in che misura ricorre nella stampa e nella saggistica? Purtroppo, nel 2023 la sua presenza si è fatta più rilevante, fino a configurarsi come una sorta di campanello d’allarme che segnala, sul piano linguistico, l’intensità della discriminazione di genere ”. Ebbene, a febbraio 2024, il Parlamento Europeo e gli Stati dell’Unione hanno raggiunto l’accordo sulla Direttiva Europea sulla violenza di genere, la prima legge europea che si occupa della materia. L'obiettivo è di rendere omogenea la lotta alla violenza sessista nell'Unione Europea, eliminando e superando normative distanti e disparate fra di loro, vigenti fra i vari Stati. Rappresenta una pietra miliare, perché è il primo strumento giuridico, completo a livello UE, destinato a contrastare la violenza contro le donne. La futura Direttiva si occuperà di cyberbullismo, incitamento all'odio online e violenza, matrimonio forzato, mutilazione genitale, violenza informatica, molestie sessuali attraverso mezzi digitali. Comprenderà un elenco di circostanze aggravanti; l'intento è di punire le violenze effettuate per motivi di orientamento sessuale, genere, colore della pelle, religione, origine sociale, convinzioni politiche, oppure per preservare o ripristinare " onore" ; sono miglioratele procedure per la sicurezza e la salute delle vittime, una migliore attività di segnalazione, prevenzione e raccolta di prove da parte delle autorità. Rappresenta tuttavia una grave lacuna della Direttiva l’esclusione della sua applicazione alle donne migranti. Ulteriore perplessità è costituita dal fatto che non includerà uno dei reati più gravi, ossia lo stupro, il fatto più violento alla persona e alla libertà delle donne. Il mancato inserimento dipende da una serie di fattori che la Commissione Europea ha tentato di dirimere. Infatti, a marzo 2022, la Commissione europea aveva formulato la proposta di definire la violenza sessuale, identificandola quale rapporto in assenza del consenso. Quindi qualsiasi rapporto sessuale non concordato sarebbe stato tipizzato come stupro; le vittime sarebbero state agevolate dal punto di vista processuale, in quanto non avrebbero dovuto fornire la prova che fosse stata utilizzata la forza, la minaccia o la coercizione. Alcuni paesi già hanno adottato, in ambito nazionale, la definizione del reato quale rapporto basato sulla mancanza di consenso. Diversi paesi, anzi ben 14, si sono opposti ad una simile definizione. La Germania e la Francia sostengono che la materia specifica appartiene alla potestà legislativa penale nazionale e non è fra quelle delegate all'Unione. La Polonia e l'Ungheria sono ideologicamente contrari al fatto che il consenso possa costituire la base per la distinzione o meno del rapporto lecito dall'illecito. La domanda chiave è su “ cosa o come” intendere il rapporto consensuale. Secondo alcune correnti del femminismo, “ il consenso è impossibile ”. La disuguaglianza di potere tra uomini e donne è così grande che, di fatto, ogni accordo è viziato a livello del sistema sociale. Finché ci sarà disuguaglianza di potere ci sarà violenza. La libertà di una delle parti, quella delle donne, è un’apparenza. Il rapporto diventa un obbligo, in quanto in una società patriarcale si vive male e con alibi. Si tratta di una visione autoritaria, manichea, e come tale è inaccettabile. Secondo altre teorie il consenso è possibile e, per di più, dovrebbe essere obbligatorio, affermativo, esplicito. Da un lato propone che “ il consenso non è impossibile, ma è difficile ”, per cui bisognerebbe “assicurarsi” che la donna esprima un chiaro “ sì ” oppure un “ No ” è no” , ma ciò non appare accettabile in quanto immergerebbe il rapporto in una visione di tipo contrattualistico, lontana dalla realtà effettuale. Secondo altri il “ consenso è molto facile .” Basta sapere cosa vogliamo e verbalizzarlo. Quanto più inequivocabile è questa espressione positiva della volontà di fare sesso, tanto meglio è. Non dobbiamo prestare attenzione solo alla volontà, ma anche al desiderio. Anche questa teoria appare non recepibile, in quanto collega la volontà al desiderio, come se il desiderio fosse sempre trasparente e intelligibile e, invece, non abbia momenti di ambiguità, per cui un “no”, molte volte è un ”sì”. Il consenso può essere non necessariamente entusiastico e anche non esplicito, ma certamente è delimitato dall’area legale e penale, per cui se non c'è volontà e non c’è consenso, allora si tratta di violenza; altro limite è rappresentato dall’etica, per cui se manca la volontà perché c’è stata un’incomprensione, un errore, manca il sentimento fra amanti, ma non c’è aggressione, intimidazione, allora non è un crimine. La direttiva costituisce un traguardo nella lotta alla violenza di genere, ma dimostra la persistenza di una mentalità passata e contraddittoria, in quanto la stessa Convenzione di Istanbul , adottata da quasi tutti gli Stati Europei, all'art. 36, comma 1 lett. a, obbliga gli Stati firmatari ad adottare misure legislative per perseguire penalmente i responsabili dei comportamenti intenzionali, fra cui lo stupro, definito come "atto sessuale non consensuale". Ebbene, dopo la ratifica del 2013, l’articolo 609-bis c.p. non ha subito modifiche per allinearlo alla Convenzione di Istanbul. In particolare, la sua formulazione non menziona il consenso, rappresentando una vera e propria lacuna giuridica. Sul punto soccorre la giurisprudenza e la dottrina che invece lo considerano come elemento essenziale del reato. La recente sentenza della Corte di Cassazione conferma il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui il consenso debba essere presente al momento dell'atto e, malgrado il comportamento provocatorio, anche durante tutto l'atto sessuale. In precedenza aveva affermato che «l’esimente putativa del consenso dell’avente diritto non è configurabile nel delitto di violenza sessuale, in quanto la mancanza del consenso costituisce requisito esplicito della fattispecie e l’errore sul dissenso si sostanzia, pertanto, in un errore inescusabile sulla legge penale»; ne deriva che «ai fini della consumazione del reato di violenza sessuale, è richiesta la mera mancanza del consenso, non la manifestazione del dissenso, ben potendo il reato essere consumato ai danni di persona dormiente ». Alcune pronunce hanno riconosciuto la configurabilità, in astratto, dell'esimente putativa del consenso nei reati sessuali, come errore fondato sul contenuto espressivo , in ipotesi equivoco, di precise e positive manifestazioni di volontà promananti dalla persona offesa. Il consenso della vittima non vale se erroneamente ipotizzato dall’autore; l’assenza di consenso non vale come sì; il consenso dovrebbe essere esplicito ed inequivocabile. Il richiamo è, quindi, ai valori della nostra Carta Costituzionale, alla parità di genere, all’educazione e al rispetto reciproco della dignità umana, quale base per le relazioni umane. BIBLIOGRAFIA Il termine " femminicidio " deriva dall’unione del sostantivo femminile “femmina” a cui è aggiunto il suffisso “cidio”, similmente a omicidio, deicidio, regicidio, ecc. Secondo l’Accademia della Crusca, il femminicidio consiste nel “provocare la morte di una donna, bambina o adulta, da parte del proprio compagno, marito, padre o di un uomo qualsiasi, in conseguenza del mancato assoggettamento fisico o psicologico della vittima”. https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/femminicidio-i-perche-di-una-parola/803. https://www.treccani.it/magazine/atlante/societa/femminicidio-e-la-parola-dell-anno-2023.html . Secondo la Platform for undocumented migrants (Picum), una ong con base in Belgio che promuove il rispetto dei diritti umani dei migranti senza documenti in Europa, ha denunciato la cancellazione delle norme che avrebbero protetto le donne migranti, in particolare coloro senza documenti o con un permesso di soggiorno temporaneo. Clara Serra, “Il senso del consenso”, Nuevos cuadernos Anagrama, 2024; intervista su https://youtu.be/AuCIVgPY1 La Convenzione è stata ratificata in Italia con la legge del 27/6/2013 n.77. Invece il decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito in legge 15 ottobre 2013, n. 119, è la prima "legge contro il femminicidio", così nel suo preambolo: "il susseguirsi di eventi di gravissima efferatezza in danno di donne e il conseguente allarme sociale che ne è derivato rendono necessari interventi urgenti volti a inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di tali fatti, introducendo, in determinati casi, misure di prevenzione finalizzate alla anticipata tutela delle donne e di ogni vittima di violenza domestica". Corte di Cassazione, Sezione Penale n. 32447 del 26 luglio 2023: «integra l’elemento oggettivo del reato di violenza sessuale non soltanto la condotta invasiva della sfera della libertà ed integrità sessuale altrui realizzata in presenza di una manifestazione di dissenso della vittima, ma anche quella posta in essere in assenza del consenso, non espresso neppure in forma tacita, della persona offesa, come nel caso in cui la stessa non abbia consapevolezza della materialità degli atti compiuti sulla sua persona». Cassazione Penale, Sez. III, 10 maggio 2023 (ud. 19 aprile 2023), n. 19599 “In tema di violenza sessuale, il dissenso della vittima costituisce un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice e, 8 pertanto, il dubbio o l'erroneo convincimento della sua sussistenza investe la configurabilità del fatto - reato e non la verifica della presenza di una causa di giustificazione (Sez. 3, n. 52835 del 19/06/2018, Rv. 274417). Il dissenso, quale elemento oggettivo della fattispecie, deve vertere sugli atti sessuali e consiste in un fenomeno di natura psichica che concerne lo stato soggettivo del soggetto passivo, non quello del soggetto attivo del reato. Da ciò deriva che il dissenso è fuori dalla valutazione degli elementi soggettivi del reato e quindi del dolo. Diversa invece è la valutazione in ordine alla coscienza e alla volontà della condotta da parte del soggetto autore del delitto. Nel reato di violenza sessuale, la coscienza di costringere la persona offesa a compiere o a subire un atto sessuale si manifesta innanzitutto nella consapevolezza del dissenso di questa. Pertanto, l'errore sul dissenso, che esclude il dolo ai sensi dell'art. 47 cod. pen., consiste nell'errore sul valore sintomatico delle manifestazioni esterne di resistenza all'atto sessuale poste in essere dalla persona offesa. Trattandosi di un errore sul fatto, è necessario che il soggetto, che ha agito presupponendo una realtà diversa da quella effettiva, debba dare pienamente conto degli elementi fattuali che hanno determinato in lui, nonostante l'uso della normale diligenza, l'erroneo convincimento dell'esistenza del consenso”. Cass. pen., Sez. III, Sent., (data ud. 06/12/2023) 05/03/2024, n. 9316. Articolo estratto da “L’Eco Giuridico" n. 4 de1 8/04/2024- Centro Studi Zaleuco Locri
Autore: OPPEDISANO GIUSEPPE 3 dicembre 2023
Dalle visure catastali spesso è visibile l'esistenza di un livello, ossia la concessione in godimento di un terreno a fronte del pagamento di un corrispettivo annuo. Si tratta di un istituto risalente al diritti romano e che ha avuto grande applicazione in periodo medievale. In particolare i grandi proprietari terrieri (Comune, Chiesa, Nobiltà) costituivano sui loro terreni degli oneri a favore degli affittuari. Oggi sebbene in molti atti sia constatabile, i rispettivi titolari da tempo non lo esercitano, e non ritengono di essere vincolati. Ebbene, in un'ipotesi di contestazione sulla validità dell'iscrizione, è intervenuta la Cassazione, che ha così statuito: " il regime giuridico del livello va assimilato a quello dell'enfiteusi, in quanto i due istituti, pur se originariamente distinti, finirono in prosieguo per confondersi ed unificarsi, dovendosi, pertanto, ricomprendere anche il primo, al pari della seconda, tra i diritti reali di godimento. L'esistenza del livello deve essere accertata mediante il titolo costitutivo del diritto o l'atto di ricognizione, mentre deve escludersi rilievo ai dati catastali " .
Autore: OPPEDISANO GIUSEPPE 3 dicembre 2023
Te, dei miti pensieri, La blandizie non tocca; altri cerchi le care Dolcezze onde si rallegra di bimbi il focolare, Da Tali gioe rifugge il focolare. Tu sei forte e selvaggia, come il vento che rugge Nella tua valle. Tutto hai quanto brami. Giacosa , “Il trionfo d'amore”, atto 2 scena 11, Treves 1934
Altri post
Share by: